La Valbelluna | Ricordi di storia locale | Io resto a casa

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LA VALBELLUNA

Qua l’è ‘l me mondo,
in medo a sta val
che de istà col so verdo
e col so bianch de inverno
senpro, gaiòsa la gnen a lassàrme
tei òci ‘na careza,
che morbida sul cor la me riva
infassàndolo de chiéte.

Dentro al san de la so aria calma,
co ‘l sol l’è fora,
l’à ‘l viso fresch de le nostre spose
e, sot le stèle, inarzentàda,
l’à ‘l serén de ‘n nostro bocia,
quàn che ‘l ride indormenzà.

Dal girotondo de le so alte zime:
Pizoch, Coldemòi, Tomàdego e Serva,
zo fin al piàn
andòve, turchina, passa la Piave,
l’è tut che incanta e invìda a cantàr.

Me la verde de spes e me la scolte
senpro pì ben ghe vòi
e la val la me capisse;
basta che syu ‘n balcçn mi reste an fià
che ‘n baso la me s-ciòca
lassàndome inmagà.

Poesia di Ignazio Chiarelli tratta da “andove, turchina, passa la Piave”

In foto veduta aerea di Mel nel 1965

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La Smàra | Ricordi di storia locale | Io resto a casa

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La «Śmara»

Anche oggi, in alcune parti del nostro territorio, si usa l’espressione «aver la śmara» nel senso di soggiacere a un incubo o di avere il broncio o di essere pieni di tristezza. Ma, secondo la fervida e ingenua immaginazione dei nostri antenati, la «śmara» o «śmarada» era una strega o fattucchiera cattiva che, facendosi piccina piccina, penetrava nelle case attraverso la toppa delle serrature o le fessure delle porte, andando ad accovacciarsi sul petto di chi stava dormendo; allora ridiventava grande e col suo peso straordinario schiacciava e opprimeva il malcapitato.

Per mandarla via vi erano due modi: il primo, mettendo un fagiolo nella «pilèla» o piletta dell’acqua santa accanto al letto; quando la «śmara» entrava, più il fagiolo si gonfiava e più si gonfiava il ventre della strega, costringendola pregare il suo «paziente» di togliere il fagiolo dall’acquasantiera; egli allora ricattava la «śmara» obbligandola a entrare in chiesa, ma «drio kul», cioè retrocedendo, essendo fattucchiera e quindi non meritevole di entrare in un luogo sacro.

Il secondo sistema era quello di tenere nella stanza da letto una bottiglia o una zucca da vino ben tappata. Quando la «śmara» entrava di nascosto, appena vedeva la bottiglia, sentiva un bisogno irresistibile di orinare e correva ad aprirla per servirsene, producendo però dei rumori; e così, scoperta, veniva cacciata.

Tratto da libro "Mel Storia e leggende arte e usanze" di Sauro Francescon e Nino Sartori

In foto: particolare da incisione cinquecentesca tratto da "Leggende e racconti popolari del Veneto" di Dino Coltro - Newton Compton Editori 2007

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Viaggio attraverso le frazioni - Villa di Villa

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Antichissimo paese le cui vicende sono legate a doppio filo con quelle del più famoso Castello di Zumelle; nel Comune di Mel è la frazione più importante per numero di abitanti, per le vicende storiche e per l'animosità della popolazione.

Oltre al già citato Castello di Zumelle che da solo merita un articolo dedicato, a Villa di Villa troviamo la chiesa di San Nicolò in cui si può ammirare il prezioso organo Callido n° 403 inaugurato nel 1803 e le numerose opere d'arte del Frigimelica, di Besarel e soprattutto di Luigi Cima il più illustre concittadino villese.

La piazza del paese è animatissima di giorno e di sera, complici le attività commerciali che resistono stoicamente allo spopolamento che affligge i nostri paesi.

Nel 1881 fu inaugurata una delle prime cascine cooperative per la lavorazione del latte "secondo il sistema svedese" d'Italia, la testimonianza scritta si trova nel libro di G. Bellati del 1882 "La nuova cascina di Villa di Villa" edito da Castaldi.

Da Villa di Villa salendo sulle Prealpi si dipanano numerosi sentieri che fanno scoprire a turisti ed appassionati, scorci di incredibile bellezza.

 

Villa di Villa ospita l'installazione Parnassius Bernardii di Walter Bernardi per il percorso artistico Parnassius Zumellae.

 

Fonte: "Mel: storie e leggende, arte e usanze" di S.Francescon e N. Sartori - Belluno 1991

 

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Viaggio attraverso le frazioni - Pagogna

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Pagogna è situata sull'antica strada che costeggiando il Piave, collegava Mel a Trichiana passando per Farra e Pialdier.

Il suo nome è di incerta etimologia forse derivante da Pagus (Lat. villaggio, circoscrizione territoriale rurale) o forse indicante il viburno che nel nostro dialetto si chiama proprio "Pagogna".

La chiesa della frazione è dedicata ai Santi Simone e Carlo e vanta una pala dipinta da Egidio Dall'Olio nel 1772.

Curiosità: se cercate "Pagogna" sulla Wikipedia troverete la pagina ad essa dedicata... in croato e in serbo ma non in italiano!

Il comitato frazionale è quello del G.S. Laghet che si occupa di mantenere viva questa bella frazione.

 

 

Fonte: "Mel: storie e leggende, arte e usanze" di S.Francescon e N. Sartori - Belluno 1991
 

 

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Viaggio attraverso le frazioni - Zottier

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Zottier è una delle frazioni che ha ospitato un'opera di Parnassius Zumellae; essa è di antica origine romana, conosciuta al tempo come Zuteum, sorge sull'antica ed importante strada che lungo il torrente Ardo arrivava al passo San Boldo(da cui parte la famosa Strada dei 100 giorni) e da qui scendeva verso la pianura, via commerciale frequentatissima e fondamentale per l'approvvigionamento dell'intero territorio zumellese.

La strada è andata definitivamente perduta dopo l'alluvione del 1966, fino ad allora erano gli abitanti della frazione ad occuparsi del suo mantenimento.
Mulini e fornaci per la produzione della calcina erano posizionati lungo tutto il corso dell'Ardo segno che la comunità è sempre stata molto attiva.

Il torrente Ardo è lo stesso che va a formare i Brent de l'Art antichissimo canyon fossile che il tempo, i sedimenti e le glaciazioni hanno plasmato nel meraviglioso orrido che è attualmente è visitabile.

Tre le chiese che sorgevano a Zottier: San Giorgio, San Giacomo e San Tommaso. Delle tre una è stata abbandonata nel 1600 perché pericolante, un'altra profanata durante la Prima Guerra Mondiale e successivamente adibita a scuola, ora è di proprietà privata.
San Tommaso è attualmente l'unica chiesa di Zottier.

 

Fonte: "Mel: storie e leggende, arte e usanze" di S.Francescon e N. Sartori - Belluno 1991

Foto di Dario Tonet

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